Libertà di parola e privacy in pericolo in un’Inghilterra sempre più distopica

L’arresto di due poliziotti per aver scritto «contenuti offensivi» in una chat privata su WhatsApp riapre il dibattito sull’Online Safety Bill.

 

Il Communications Act del 2003 – la legge che regola la comunicazione online nel Regno Unito – e, in particolare, la sua sezione 127, è una norma che ha portato all’arresto di due poliziotti della Metropolitan Police di Londra solo per essersi scambiati dei messaggi su una chat privata in riferimento al caso che coinvolse un loro collega, Wayne Couzens, condannato per avere stuprato e ucciso Sarah Everard nel 2021.

 

L’intrusione dello Stato nella vita delle persone

Diritto alla privacy, free speech, tutela online delle fasce più deboli della popolazione, uso delle intercettazioni da parte dell’autorità di pubblica sicurezza.

Il caso presenta una serie di criticità che impongono alla politica britannica una riflessione sui valori fondativi del Regno Unito.

Il punto è che la sezione 127 della legge sopramenzionata è sempre più usata per perseguire anche chi utilizza i servizi di messaggistica istantanea in privato in quanto punisce chi «immette contenuti offensivi nei sistemi di comunicazioni online».

E così, quando la polizia è venuta in possesso dei messaggi tra il canzonatorio e il disgustoso relativi al caso dell’omicidio Everard, ha avviato l’azione penale che ha portato alla condanna a 3 mesi di reclusione per i due colleghi di Couzens.

Non si tratta, ovviamente, di giustificare le bestialità apparse nella chat, ma di mettere un punto fermo sull’intrusione dello Stato nella vita privata delle persone.

Può l’autorità giudiziaria sindacare sul contenuto di un gruppo di messaggistica circoscritto alle persone che hanno accettato di farne parte e senza alcuna fattispecie di pubblico dominio?

A quanto pare, sì.

La giudice che ha emesso le sentenza di condanna dei due poliziotti, Sarah Turnock, ha affermato: «Le persone che hanno appreso dell’esistenza della chat avranno provato rabbia e angoscia nel vedersi rappresentate in quel modo offensivo in una chat». Sicuramente.

Ma era davvero necessario che quella chat diventasse di pubblico dominio?

Da strumento anti terroristi a controllo delle chat private

Il Communications Act del 2003 fu lo strumento dell’allora governo laburista di Tony Blair per controllare quanto facessero i potenziali terroristi online.

Diventò legge dopo gli attentati alle Torri Gemelle in uno dei primi atti di sorveglianza sociale pensati dall’esecutivo con il fine di controllare meglio alcuni canali di reclutamento che andavano per la maggiore: social network, siti, messaggistica online e così via.

Poi, seguì la capillare diffusione delle telecamere a circuito chiuso (CCTV), specialmente dopo gli attentati di Londra del luglio 2005.

A quell’epoca alcuni Tories, all’opposizione, parlarono di attentato alle libertà costituzionali degli inglesi, ma nel corso del decennio successivo fecero loro il concetto di sorveglianza.

Nella contesa per la leadership della scorsa estate, alcuni candidati, tra cui l’attuale Premier, Rishi Sunak, e la ministra del Commercio, Kemi Badenoch – esponenti di due correnti diverse del partito – promisero di riformare l’Online Safety Bill, il disegno di legge la cui bozza è stata pubblicata nel maggio 2021 dall’allora governo Johnson. La parte più delicata della norma è quella che lasciava alle società Big Tech l’attività di controllo dei contenuti pubblicati dagli utenti anche nei sistemi di messaggistica privati protetti dal diritto alla privacy.

 

Privacy e libertà in pericolo

Per questo, dalle pagine dello Spectator, il mondo conservatore si è sollevato, invitando il governo Tory a un ripensamento del quadro generale di una legge che così com’è scritta darebbe alle multinazionali enormi poteri di censura, impedirebbe ad altri soggetti meno forti economicamente di entrare nel mercato, e farebbe dell’Ofcom – l’Agcom britannica – un vero Grande Fratello, in grado di dirimere ogni controversia online, anche quelle emergenti dalle rimostranze degli utenti dei gruppi di WhatsApp privati.

Quanto alla sezione 127 della legge del 2003, invece, l’organismo indipendente di riforma delle leggi, la Law Commission, ne ha chiesto l’abolizione e la sostituzione con disposizioni più limitate per tutelare chi può concretamente venire a contatto con messaggi che possano offenderlo e turbarlo.

La battaglia per la tutela della privacy, dopo anni di accettazione passiva dello strapotere delle società del Big Tech e di sorveglianza pervasiva dei cittadini, sembra soltanto agli inizi.

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