Il nuovo rapporto sulla privacy nell’era digitale stilato dalle Nazioni Unite evidenza la connessione ormai indissolubile tra privacy e nuove tecnologie e quanto sempre di più la prima sia minacciata dall’utilizzo pervasivo delle seconde.
1. Il rapporto
L’Alto Commissario ad interim per i diritti umani, Nada Al-Nashif, nell’affermare che il diritto alla privacy è a rischio più che mai, ha ribadito la necessità di una regolamentazione strutturata ed efficace, basata sul diritto: altra dimostrazione che nel futuro, diritto e tecnologie saranno sempre più interconnessi tra loro.
La tecnologia non ha, di per sé, una connotazione negativa, al contrario porta enormi benefici alla società, ma a volte il prezzo da pagare si rivela troppo alto, in termini di rischi per i diritti e le libertà fondamentali degli uomini e delle donne che la utilizzano.
Il rapporto ONU esamina tre aree ritenute cruciali per la privacy: l’utilizzo e l’abuso di strumenti invasivi di sorveglianza da parte delle autorità statali (i cosiddetti spyware), la necessità e centralità di utilizzare metodi di crittografia robusti nella protezione dei dati online, per evitare la fuga dei dati stessi e gli impatti potenzialmente dirompenti del monitoraggio regolare e sistematico del suolo pubblico mediante videocamere, che di fatto stanno trasformando le nostre citta in una macroscopica versione del Grande Fratello.
2. Il problema dei software spia
Il rapporto descrive come i software spia possono trasformare la maggior parte degli smartphone in “dispositivi di sorveglianza 24 ore su 24”, consentendo agli esterni di spiare la nostra vita, avendo accesso a quella che è, secondo la definizione ormai divenuta celebre, pur se in altro contesto, la scatola nera della nostra vita.
Naturalmente gli spyware vengono progettati ed utilizzati per proteggere la sicurezza nazionale, per combattere la criminalità, il terrorismo, ma il report non fa mistero del fatto che in molti casi (alcuni dei quali eclatanti) siano stati usati per motivi illegittimi, per spiare e controllare opinioni politiche dissidenti da quelle di regime, e per monitorare i movimenti di politici, giornalisti, attivisti per i diritti umani.
Il report definisce il problema “urgente” chiedendo una moratoria sul loro utilizzo e vendita prima che siano approvate normative internazionali di salvaguardia e garanzia e non vengano poste in essere misure adeguate a proteggere i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini.
Non solo, ma il report relega l’utilizzo di software spia per infiltrarsi elettronicamente in dispositivi altrui come ultima spiaggia e solo per atti e indagini specifiche, per prevenire gravi minacce per la sicurezza nazionale. Purtroppo, per quanto indubbiamente condivisibili le parole del report ONU, come già più volte sottolineato su queste pagine, il concetto di sicurezza nazionale si declina molto più da un punto di vista politico che giuridico, con conseguente enorme difficoltà a stabilire un confine tra cosa sia eticamente e giuridicamente accettabile e cosa invece possa considerarsi abuso, seppur commesso per la tutela di un astratto bene superiore.
3. Il Grande Fratello
Sulla crescente sorveglianza degli spazi pubblici il report denuncia la massima allerta.
Tra smart city, monitoraggio regolare e sistematico di ciò che le persone fanno e dicono online (il quotidiano dare in pasto la nostra privacy ai social network, allegramente, volontariamente e inconsapevolmente è diventata una prassi che ormai non desta più alcuno scandalo, ma molta preoccupazione tra gli addetti ai lavori), big data, sconfinate banche dati biometriche e attività di sorveglianza su larga scala, il report indica come concreto e non più fantastico, o fantascientifico, il rischio paventato nell’ormai celeberrimo romanzo, distopico, ma non troppo, 1984, di Orwell: un sistema di sorveglianza onnisciente, inizialmente implementato per nobili motivi e successivamente riconvertito a scopi di mero controllo.
Il report ONU auspica che gli Stati limitino le misure di sorveglianza pubblica a quelle “strettamente necessarie e proporzionate”, incentrate su luoghi e tempi di conservazione specifici e limitati nel tempo e sempre agli Stati dovrebbe essere demandato l’onere di controllare le esportazioni per le tecnologie di sorveglianza che comportano gravi rischi per i diritti umani.
A questo proposito il previo svolgimento di una valutazione di impatto dovrebbe diventare un adempimento non più opzionale, ma imperativo e vincolante, senza il quale i sistemi di sorveglianza non dovrebbero essere resi leciti (peraltro in Europa è già così, poiché il trattamento della video sorveglianza è uno di quelli che obbligatoriamente dovrebbero essere sottoposti a DPIA).
Infine, il report considera la crittografia dei contenuti online una pietra miliare per la salvaguardia della privacy e dei diritti umani nel mondo del web, con una forte raccomandazione per gli Stati stessi a incrementarla nell’utilizzo quotidiano e ad evitare soluzioni tecnologiche che potrebbero indebolirla.