Di Emanuela Gotta, Digital Generalist | Marketing & Communication Manager | Privacy Manager | UX-oriented Project Manager | Formazione, contenuti e presales per il settore tech & GRC presso Compet-e.
“There’s a lady who’s sure all that glitters is gold…”
È l’inizio di un viaggio, ma anche di un’illusione. Nella celebre canzone dei Led Zeppelin, la protagonista è convinta che basti comprare una “scala per il paradiso” per raggiungerlo. Basta qualcosa di brillante, di pronto, di già fatto.
In molte organizzazioni, l’approccio alla compliance è lo stesso. Si pensa che un Modello 231 si possa semplicemente comprare, magari in formato .docx. Che basti un codice etico, un regolamento fotocopiato, una consulenza spot per dire: “Siamo a posto”.
Ma la conformità non è un prodotto. È un percorso. E come ogni scalata, richiede fatica, preparazione, lucidità.
Non si compra il paradiso della compliance. Lo si costruisce, un passo alla volta.
L’ILLUSIONE DELLA FORMA
“Cause you know, sometimes words have two meanings…”
Conformità. Una parola che molti usano, pochi comprendono davvero.
Nel mondo del D.Lgs. 231/2001, la vera conformità non è nella carta. È nella coerenza tra ciò che l’ente dice e ciò che fa.
Il Decreto Legislativo 231 ha introdotto una forma nuova di responsabilità: quella degli enti per reati commessi da soggetti apicali o subordinati nell’interesse o a vantaggio dell’organizzazione. Corruzione, frode, sicurezza sul lavoro, reati ambientali, persino quelli informatici: l’elenco si è ampliato nel tempo. E con esso, anche il rischio.
Per evitare la responsabilità, un’organizzazione deve dimostrare di aver adottato Modelli di organizzazione e gestione efficaci. Non di averli “scaricati”. Non di averli “mostrati”. Ma di averli vissuti.
Ciò significa:
- Mappare i processi a rischio reato;
- Scrivere protocolli chiari, attuabili, specifici;
- Costruire un sistema disciplinare coerente;
- Formare chi lavora nell’organizzazione;
- Nominare un Organismo di Vigilanza indipendente, competente, operativo;
- Integrare il modello nei processi decisionali quotidiani.
Chi pensa che basti un file PDF, sta salendo una scala di cartone durante una tempesta.
LA SCALATA: NON SOLO 231
“In a tree by the brook, there’s a songbird who sings…”
E il canto parla di un’altra via. La 231 non vive nel vuoto. È parte di un ecosistema di integrità che include:
- La ISO 37301 (sistemi di gestione per la compliance);
- La UNI ISO 37001 (anticorruzione);
- La UNI PdR 125:2022 (parità di genere);
- E oggi, soprattutto, il D.Lgs. 24/2023 sul whistleblowing, che impone obblighi concreti in tema di segnalazioni, protezione dei segnalanti, canali sicuri e anonimato garantito.
Tutti strumenti utili, ma solo se integrati in una cultura aziendale viva. La 231 non è un’etichetta: è una scelta etica. Chi la implementa davvero, sceglie di ascoltare, prevenire, correggere.
“If there’s a bustle in your hedgerow, don’t be alarmed now…”
I segnali non vanno ignorati. I disordini sono spesso campanelli d’allarme. E la vera conformità inizia proprio lì: dal coraggio di non far finta di nulla.
LA VETTA: DOVE LA CULTURA BATTE LA BUROCRAZIA
“Your head is humming and it won’t go, in case you don’t know…”
Se l’azienda è inquieta, se le voci si fanno sentire, se i documenti esistono ma non guidano, qualcosa non va. È il segnale che la compliance è rimasta sulla carta.
La vetta si raggiunge quando:
- I protocolli vengono rispettati perché hanno senso, non perché lo impone un audit;
- L’Organismo di Vigilanza è parte del sistema, non un osservatore esterno;
- I dipendenti sanno a chi rivolgersi in caso di illecito;
- Le sanzioni sono applicate davvero, in modo proporzionato e tracciabile;
- La formazione è dialogo, non mera formalità.
La burocrazia crea scatole. La cultura crea comportamenti.
È solo quando la prevenzione diventa spontanea che il Modello 231 funziona. Solo quando tutti si sentono responsabili, non “controllati”, la scala è solida.
LA SCALA NON È IN VENDITA
“And she’s buying a stairway to heaven…”
Ma il paradiso non si compra.
E nemmeno un sistema 231.
Le aziende che pensano di cavarsela con un file, un audit, un corso all’anno, sono come la “lady” del brano: inseguono un’illusione.
La verità è che la compliance è un’opera collettiva. La scala si costruisce dentro l’organizzazione, un gradino alla volta. E ogni gradino richiede:
- Visione strategica;
- Supporto del top management;
- Cura quotidiana;
- Coerenza tra valori dichiarati e comportamenti reali.
LA CONFORMITÀ È UNA SCELTA
“And as we wind on down the road…”
Alla fine del viaggio, non conta cosa si è detto di fare. Conta cosa si è fatto davvero.
La 231 non premia chi scrive bene. Premia chi agisce meglio.
Essere conformi non significa evitare le sanzioni. Significa scegliere di essere responsabili anche quando nessuno guarda. È la differenza tra un’azienda che reagisce quando è tardi, e una che previene perché ci crede.
Il rischio c’è, sempre. Ma la vera conformità non lo cancella: lo governa. Lo riconosce. Lo affronta.
UNA SCALA DI VALORI
“And she’s buying a stairway to heaven…”
Ancora una volta. Ma chi sale davvero quella scala non la compra. La costruisce, giorno dopo giorno, con fatica e visione.
E quando arriva in cima, non trova solo protezione da un reato.
Trova credibilità, fiducia, sostenibilità.
Perché il vero paradiso della compliance non è l’assenza di sanzioni, è la presenza di valori.