Google ha annunciato Topics, un nuovo sistema per limitare il tracciamento online ma continuare a fornire dati per le inserzioni pubblicitarie.
Google ha annunciato la prossima introduzione di Topics, la sua proposta per sostituire i cookie entro il 2023, limitando il tracciamento degli utenti pur permettendo alle aziende di proporre inserzioni pubblicitarie rilevanti.
La scelta di rimuovere i cookie di terze parti non è nuova ma ha incontrato, nella sua prima proposta, quella dei FloC, diverse critiche che hanno portato l’azienda a rimandare dal 2022 al 2023 i piani per l’eliminazione dei cookie.
Si tratta di una scelta, quella di Google, dettata dal confronto con organizzazioni che hanno a cuore la protezione dei dati personali ma anche con le autorità.
Come funzionano i Topics
In un post sul suo blog, Google spiega che durante la navigazione Chrome, il browser di Google utilizzato da due terzi degli utenti nel mondo, individua una serie di macro categorie come possono essere lo sport, la tecnologia o la cucina.
Questi Topics sono conservati per tre settimane e vengono dedotti dalla navigazione dell’utente sul device, senza essere incrociati con altri dati.
Per l’inserzionista dunque l’utente sarà rappresentato dai tre interessi rilevanti di quel periodo, uno per ciascuna delle tre settimane precedenti di navigazione.
L’altra notizia positiva è che non si terrà conto nel tracciamento di dati come il sesso e la razza e sarà molto più facile avere il controllo delle informazioni che gli inserzionisti vedono sugli utenti.
Non tutti però sono contenti
Rispetto alla prima proposta dei FloC questa migliora l’”anonimato” degli utenti.
Proprio per questo non piace agli inserzionisti e ai media in primis, tanto che, ancora prima dell’annuncio ufficiale, un gruppo di editori tedeschi ha inviato una lettera alla Commissione europea per chiedere un’indagine nei confronti di Google per abuso della sua posizione dominante nel mercato pubblicitario.
Secondo gli editori Google continuerà ad avere moltissime informazioni sugli utenti mentre col nuovo sistema aumenteranno gli ostacoli tra gli editori e i lettori.
È ovvio che una profilazione accurata, mediante i cookie, permette di raccogliere molte più informazioni sugli utenti, informazioni pagate meglio dagli inserzionisti che ancora costituiscono la principale fonte di sostentamento dei media online.
Il timore è dunque che la fetta della torta della raccolta pubblicitaria, già da anni sempre più scarsa, vada a ridursi ancora.
Questi timori non sono nuovi neanche per le autorità visto che la stessa Commissione europea ha aperto a giugno del 2021 un’indagine proprio sull’eventuale abuso di Google nel mercato pubblicitario.
Uno scenario simile si è visto con l’aggiornamento di iOS 14.5 con cui Apple ha consentito agli utenti di bloccare il tracciamento di terze parti, preoccupando seriamente Facebook, altro gigante il cui business model si fonda sulla pubblicità online.
Un difficile equilibrio
Il piano di Google di eliminare i cookie parte dunque da buoni propositi ma lo mette inevitabilmente nella posizione delle altre big tech, quella di un funambolo che deve trovare l’equilibrio perfetto tra la tutela della protezione dei dati e il rischio di abuso della posizione dominante.
Quando si è anche leader nel mercato della raccolta pubblicitaria diminuire la possibilità per i competitor di avere accesso alle stesse informazioni sugli utenti crea delle tensioni con gli altri stakeholder. Per questo all’annuncio seguirà un periodo di confronto con le parti per capire quale sarà l’output di questo stallo.
Anche per le autorità la domanda non ha facile risposta e prova ancora una volta come, nella data economy, le autorità nazionali ed europee della privacy e dell’antitrust dovrebbero convergere per avere un quadro completo del mercato e tutelare meglio i consumatori.
Ma che la ricerca di maggior privacy per gli utenti sia un trend lo ha dimostrato anche il recente voto del Parlamento europeo sul Digital services act, che ha chiesto che sia possibile fare opt-out dal tracciamento direttamente su app e browser e di non basare il tracciamento degli utenti su dati sensibili come le preferenze politiche o religiose e l’orientamento sessuale.