Con 300 voti favorevoli e 33 contrari la Camera ha dato il via libera definitivo alla conversione in legge del decreto n. 127 del 21 settembre scorso, il cosiddetto decreto green pass lavoro, dopo averne votato la questione di fiducia posta dal governo, con 453 voti favorevoli e 42 contrari.
Conversione decreto green pass lavoro: le novità
In particolare, la misura varata dall’esecutivo lo scorso settembre ha introdotto, come noto, l’estensione dell’obbligo delle “Certificazioni verdi Covid-19” (c.d. green pass) per l’accesso ai luoghi di lavoro pubblici, privati, nonché agli uffici giudiziari, nel periodo compreso tra lo scorso 15 ottobre e il prossimo 31 dicembre, attuale termine dello stato di emergenza.
Il testo approdato a Montecitorio non ha subito sostanziali modifiche rispetto a quello già licenziato dal Senato e introduce alcune novità di rilievo sotto il profilo operativo, soprattutto con riferimento alle modalità di verifica delle certificazioni verdi.
Nello specifico – focalizzando il nostro intervento sul settore privato – le modifiche all’art. 9-septies D.L. 52/2021 (convertito, con modificazioni, nella legge 87/2021), previsto dall’art. 3 D.L. 127/2021, introducono ora l’applicazione dell’obbligo di green pass anche nei confronti di soggetti esterni che svolgono attività di formazione in qualità di discenti e non solo in qualità di docenti, come finora previsto.
Inoltre, per le imprese con meno di quindici dipendenti, viene modificata la possibilità di sospensione dal lavoro (prevista dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata per mancato possesso ed esibizione del green pass) per una durata corrispondente a quella del contratto di sostituzione: i dieci giorni sono ora da considerare “lavorativi” e il contratto di sostituzione non è più rinnovabile soltanto una volta, bensì senza limiti fino al termine del 31 dicembre prossimo, “senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”.
Per quanto concerne i controlli dei lavoratori che arrivano da società di somministrazione, a differenza di quanto finora previsto dalle FAQ del Governo sul green pass, che stabilivano un controllo duplice in capo sia alla società di somministrazione, sia all’azienda presso la quale il lavoratore svolge la propria attività (cfr. FAQ n. 5), adesso è previsto che la verifica competa all’utilizzatore. Al somministratore resta invece l’onere di “informare i lavoratori circa la sussistenza delle predette prescrizioni”.
Rilevante appare invece la previsione contenuta nell’art. 9-novies D.L. 52/2021 (inserito ex art. 3-bis del decreto convertito) con cui viene disciplinata la scadenza del green pass durante lo svolgimento della prestazione lavorativa. Ai lavoratori dipendenti pubblici e privati viene consentita la permanenza nel luogo di lavoro esclusivamente per il tempo necessario a portare a termine il proprio turno di lavoro, senza dar luogo ad alcuna sanzione.
Infine, con l’obiettivo di “garantire il più elevato livello di copertura vaccinale e al fine di proteggere, in modo specifico, i soggetti a rischio, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza”, ai datori di lavoro privati (così come anche a quelli pubblici) viene data la possibilità di promuovere, per tramite del proprio medico competente, campagne di informazione sensibilizzazione sulla necessità e sull’importanza della vaccinazione anti Covid-19.
Esenzione per i controlli: criticità sollevate dal Garante privacy
La novità di maggior rilievo (prevista anche con riferimento al settore pubblico) è senz’altro costituita dalla possibilità per i lavoratori di “richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della certificazione verde COVID-19”, al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche dei green pass. “I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro”.
Si tratta di una questione non esente da criticità, che avrebbe meritato un maggior approfondimento soprattutto alla luce dell’inascoltato appello del Garante privacy, sollevato da quest’ultimo a seguito della votazione favorevole da parte del Senato e in vista dell’esame del provvedimento in seconda lettura.
Abbiamo parlato del parere negativo del Garante qui: https://www.compet-e.com/conservare-copia-dei-green-pass-dei-dipendenti-per-non-verificarli-ogni-giorno-e-lecito-quali-sono-gli-impatti-privacy/
Raccogliere i green pass o verificarli ogni giorno?
Ricordiamo che è facoltà del lavoratore decidere se consegnare copia del proprio Green Pass, non può quindi essere l’azienda a richiederlo.
Per questa ragione, il datore di lavoro dovrà comunque verificare ogni giorno le certificazioni di chi non volesse consegnarle. Per contro, il datore di lavoro potrà rifiutarsi di raccogliere le certificazioni ma di continuare con le modalità operative adottate fino ad oggi.
Gli impatti sulla gestione degli adempimenti privacy in azienda
Se l’azienda raccoglie i Green Pass invece di limitarsi al controllo dovrà, in aggiunta:
- Censire un nuovo trattamento nel Registro dei Trattamenti;
- Redigere e consegnare una nuova informativa al trattamento dei dati;
- Effettuare un’approfondita analisi del rischio per verificare se le misure di sicurezza adottate fino ad oggi siano sufficienti a garantire la sicurezza del trattamento. In caso contrario l’azienda dovrà dotarsi di ulteriori e più efficaci misure di sicurezza.
Le contraddizioni
Risulta evidente, in conclusione, come la possibilità di conservazione delle certificazioni introdotta in sede di conversione del provvedimento sia in palese contraddizione con il generale divieto di raccolta introdotto dal DPCM 17 giugno 2021 e ribadito poco più di un mese fa attraverso il DPCM 12 ottobre 2021 (art. 13, comma 5).
Anche con riferimento alle considerazioni di ordine pratico circa il fine “di semplificare e razionalizzare le verifiche dei green pass”, non si può non notare come il ventaglio di modalità alternative rispetto all’app “VerificaC19” introdotte dal recente DPCM 12 ottobre 2021 potessero già di per sé assolvere a una funzione di semplificazione pur rimanendo fedeli alle indicazioni del Garante privacy e, soprattutto, al pieno rispetto del bilanciamento di diritti e libertà da cui non può prescindere ogni valutazione che abbia ad oggetto il tema della protezione dei dati personali.