Dopo aver presentato una denuncia alla Commissione europea e alla rete europea delle autorità per i consumatori contro WhatsApp per aver esercitato pressioni sugli utenti ad accettare i nuovi termini sulla privacy, adesso l’organizzazione europea dei consumatori che raggruppa 46 associazioni dei consumatori europee di 32 paesi (Altroconsumo per l’Italia), si è scagliata contro Google.
Secondo la BEUC, (Bureau Européen des Unions de Consommateurs), con l’obiettivo di ottenere più dati possibili dati dai cittadini per continuare a far crescere il proprio business, Google sta spingendo i consumatori europei ad accettare opzioni invadenti dei dati personali al momento della creazione di un account.
Per dimostrare la propria tesi, l’organizzazione europea dei consumatori ha pubblicato sul proprio sito un rapporto in cui accusa il colosso statunitense.
La BEUC rimarca che per rispettare il GDPR, le aziende dovrebbero offrire agli utenti l’opzione più semplice e tutelante per impostazione predefinita secondo il principio di “privacy by design”, ma questo è quello che Google non sta facendo:
Durante la configurazione iniziale è possibile scegliere tra le personalizzazione rapida e quella manuale. Nel primo caso è sufficiente un solo clic per attivare le funzioni di “sorveglianza”: attività web e app, cronologia di YouTube e personalizzazione degli annunci pubblicitari. Se invece l’utente sceglie la seconda opzione, Google permette di disattivare le varie attività, ma sono necessari cinque passaggi e dieci clic. Non esiste un’opzione che consente di disattivare tutto con un solo clic, come avviene per l’attivazione.
David Martín, responsabile legale del BEUC, osserva:
“In genere, il consumatore vuole superare questo processo il più rapidamente possibile, vuole solo utilizzare un certo prodotto o un certo dispositivo”, ha continuato. “Facciamo il caso di un solo passaggio. Se si fa clic su avanti e poi si scorre verso il basso, si fa clic su conferma e si crea l’account. Così, si dà a Google il permesso di monitorare tutto ciò che si fa sui servizi Google e tutto ciò che si fa sui siti web e sulle app che utilizzano i servizi Google”.
Dieci associazioni europee dei consumatori, in modo coordinato, hanno presentato un reclamo contro Google, sostenendo che il linguaggio utilizzato da Google sia “poco chiaro, incompleto e fuorviante” in contrasto con l’art. 12 del Regolamento UE 679/2016, che richiede che le informazioni all’interessato debbano essere fornite “in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro, in particolare nel caso di informazioni destinate specificamente ai minori.”
“Il modello di business di Google si basa sulla raccolta e sullo sfruttamento di questi dati, dati personali per diversi scopi, in particolare per scopi pubblicitari mirati, che sono la principale fonte di reddito per l’azienda”
spiega il responsabile della BEUC.
In pratica, i consumatori europei stanno accusando Big G di fare largo uso dei cosiddetti “Dark Pattern“, per cui proprio di recente l’European Data Protection Board ha pubblicato le Linee Guida 3/2022.
Ora sarà l’Irish Data Protection Commissioner a occuparsi del caso, dato che l’Irlanda è il Paese in cui Google ha sede in Europa,