Stando all’accusa, Apple saprebbe cosa fanno su iPhone i suoi utenti anche all’insaputa di questi ultimi.
Il comportamento tenuto da Apple sembrerebbe confermare quello che è diventato il grande leitmotiv delle aziende che sfruttano la raccolta dati dei propri clienti: se lo fanno altri è violazione della privacy, se lo facciamo noi è profilazione dell’utente.
Nel corso degli ultimi anni Apple si è infatti data molto da fare per tutelare la privacy dei propri utenti nei confronti di altri grandi nomi dell’industria informatica (non da ultimo la sua battaglia contro Facebook, che è costata a Meta perdite per miliardi di dollari).
Tuttavia mentre da una parte la società di Cupertino si erigeva a paladina della privacy, dall’altra avrebbe raccolto dati all’insaputa dei suoi clienti.
E a peggiorare il tutto interverrebbe il fatto che lo avrebbe fatto anche quando gli stessi interessati avevano esplicitamente modificato le loro impostazioni per impedire all’azienda di farlo.
A fare la scoperta sono stati Tommy Mysk e Talal Haj Bakry, due ricercatori della software company Myski: non solo iOS comunicherebbe all’azienda ogni “tap” effettuato all’interno di un’app ufficiale Apple, ma i tentativi di disattivare questa raccolta di dati, come la selezione dell’opzione Impostazioni “disabilita del tutto la condivisione di Device Analytics”, non hanno influito sull’invio dei dati.
La raccolta dei dati sarebbe decisamente molto dettagliata: secondo quanto riportato da Gizmodo non appena un utente entra nell’App Store Apple riceve in tempo reale i dati di ricerca, quanto tempo si passa ad osservare un’app e su cosa si è effettuato il tap.
Prendendo ad esempio Apple’s Stock, l’app di monitoraggio del valore delle azioni delle società quotate in borsa, Myski ha rilevato come, una volta avviata l’app, l’azienda proprietaria di iPhone riceverebbe un elenco delle azioni guardate dall’utente, tutti gli articoli letti all’interno dell’app e i nomi di tutte le azioni che ha cercato.
Non solo: sempre secondo quanto rilevato, alcune app Apple raccoglierebbero persino informazioni dettagliate sull’iPhone dell’utente come il modello, la risoluzione dello schermo e la lingua della tastiera.
Sebbene i ricercatori di Myski abbiano effettuato i loro test su un iPhone con iOS 14.6 sottoposto a jailbreak, lo stesso tipo di attività è stato rilevato su un device non sottoposto a jailbreak con iOS 16: tuttavia il criptaggio dei dati non ha permesso di determinare con esattezza quali fossero i dati inviati.
A seguito delle scoperte effettuate è stata quindi intentata un’azione legale collettiva (le famose class action) sostenendo che le azioni di Apple violano il California Invasion of Privacy Act.
La causa non si concentra tanto sul fatto che Apple stia raccogliendo questi dati ma bensì sul fatto che le impostazioni di Apple diano agli utenti la (errata) percezione di poter disabilitare tale tracciamento.