Di Piermaria Saglietto, CEO e Co-Fondatore| Esperto RegTech, GRC, ESG | Privacy Officer Certificato TÜV | Lead Auditor ISO | Formatore e Consulente in Governance Digitale presso Compet-e.
“Il GDPR è la chitarra solista dell’accountability: puoi seguirne le note scritte, oppure suonarlo come una composizione personale, autentica e rock, che parli davvero di diritti e libertà”
Semplificare o smantellare?
Negli ultimi mesi si fa sempre più insistente, a livello europeo, l’idea di una “semplificazione” del GDPR. L’argomento viene presentato come un tentativo di alleggerire il carico amministrativo per le imprese, migliorare la competitività e favorire l’innovazione. Ma dietro questo obiettivo condivisibile si cela un rischio profondo e poco discusso: quello di indebolire uno dei pilastri fondamentali della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo nell’era digitale.
Il GDPR non è una norma burocratica: è la traduzione giuridica della necessità di preservare e difendere la dignità umana nel contesto digitale. Smantellare o alleggerire alcuni dei suoi principi senza una visione olistica e senza attenzione agli equilibri democratici significa esporsi al pericolo di una società dove il controllo, la sorveglianza e l’esclusione diventano silenziosamente sistemici.
Tom Joad: un fantasma tra le righe
In questo contesto, può sembrare curioso richiamare una canzone come “The Ghost of Tom Joad” di Bruce Springsteen. Eppure, il legame tra quell’inno di denuncia sociale e l’attualità normativa è profondo.
“The Ghost of Tom Joad” è un brano che dà il titolo all’album omonimo del 1995. Dopo l’esperienza più commerciale degli anni ’80, Bruce Springsteen torna in questo disco a sonorità più acustiche, in stile “Nebraska” (1982), segnando una decisa virata introspettiva e politica.
Siamo ormai a metà degli anni ’90 e Springsteen osserva un’America diversa da quella sognata nel dopoguerra o raccontata nei suoi album precedenti: un’America segnata dalla povertà, dall’ingiustizia, dall’emarginazione sociale, dalla globalizzazione, dall’immigrazione e dalla disillusione. L’album raccoglie storie di persone ai margini, dimenticate dal sogno americano.
Tom Joad è un personaggio del romanzo “The Grapes of Wrath” (Furore) di John Steinbeck (1939), simbolo della resistenza e della giustizia sociale. Tom Joad, ex detenuto rilasciato sulla parola con un permesso speciale del carcere, diventa in modo non convenzionale un difensore degli oppressi, incarnando lo spirito di solidarietà e lotta contro le ingiustizie economiche e sociali.
La canzone è una meditazione sull’ingiustizia sociale e sulla necessità di resistere e aiutare gli ultimi. Springsteen richiama lo spirito di Tom Joad come simbolo che persiste nel tempo, quasi una figura messianica laica, che “cammina” accanto agli emarginati contemporanei: immigrati, senzatetto, lavoratori sfruttati.
“Men walkin’ ‘long the railroad tracks / Goin’ someplace, there’s no goin’ back”. È con queste parole che Bruce Springsteen apre il brano, raccontando un Paese dove la marginalità è sistemica, dove intere famiglie vivono in rifugi di fortuna, dove i senzatetto lottano per la sopravvivenza, dove il sogno americano si infrange su possenti e minacciosi scogli fatti di esclusione più che di progresso. Il ghost di Tom Joad è la coscienza civile che veglia sulle ingiustizie, che non promette salvezza, ma invita alla resistenza.
Nel celebre verso: “Mom, wherever there’s a cop beatin’ a guy / Wherever a hungry newborn baby cries… I’ll be there”, Springsteen dichiara che Tom Joad è presente ovunque ci sia un’ingiustizia. È un inno laico alla solidarietà attiva, alla vigilanza morale.
GDPR e giustizia sociale: un orizzonte comune
Apparentemente lontani, il brano di Springsteen e il GDPR condividono un orizzonte etico comune: la difesa della persona nella sua integrità. In “The Ghost of Tom Joad” i poveri, i migranti, i senzatetto sono sorvegliati, ma non aiutati. Sono esclusi, non protetti.
Allo stesso modo, il GDPR nasce per evitare che le persone diventino “dati” senza diritti. Impedisce che vengano profilate, discriminate, dimenticate da sistemi automatizzati. Il GDPR è la risposta normativa a una forma moderna di esclusione: quella che passa dal digitale.
Nel verso: “You got a hole in your belly and a gun in your hand / Lookin’ for a pillow of solid rock”, la metafora della disperazione sociale può oggi leggersi anche nel contesto dell’infosfera: persone senza strumenti, vulnerabili perché prive di sufficiente consapevolezza, esposte al potere opaco degli algoritmi, che cercano un luogo dove affermare la propria identità. Il GDPR rappresenta quel “pillow of solid rock“: una base legale di protezione.
Tom Joad è una figura di resistenza etica. Anche il GDPR, con i suoi diritti all’accesso, alla rettifica, alla cancellazione, alla portabilità e all’opposizione, è una forma di resistenza giuridica contro il dominio dell’opacità tecnologica e dei suoi utilizzatori privi di scrupoli.
Accountability elettrica
C’è un ulteriore parallelo che merita attenzione: quello tra la versione acustica originale di “The Ghost of Tom Joad” e la sua versione elettrica e infuocata suonata insieme a Tom Morello (https://www.youtube.com/watch?v=qUhtdAOn4k0&list=RDqUhtdAOn4k0&start_radio=1).
In quest’ultima, la canzone mantiene intatti testo e spirito, ma cambia radicalmente forma: la chitarra di Morello introduce assoli brucianti, iperboli acustiche, distorsioni e intensità sonora. La denuncia sociale non è meno profonda, ma è declinata secondo un nuovo linguaggio, adatto ai tempi e al contesto.
Ecco allora il punto: questa reinterpretazione può essere vista come una metafora perfetta del principio di accountability del GDPR. Il regolamento europeo indica cosa fare per proteggere i dati personali, ma lascia a ogni titolare del trattamento la responsabilità di decidere come farlo, in funzione del proprio contesto, dei rischi specifici, della propria cultura organizzativa.
Interpretare, non semplificare
Proprio come Tom Morello ha preso un inno acustico e lo ha trasformato in un grido rock di libertà attuale, personalizzato, potente, così ogni organizzazione dovrebbe essere chiamata a interpretare il GDPR con coerenza, grinta e adesione autentica alla realtà in cui opera. È questa la vera forza dell’accountability: non l’adempimento formale, ma la capacità di trasformare un obbligo in forte ricerca di una propria identità nella conformità.
La tentazione di semplificare il GDPR è legittima, ma non può avvenire a scapito della sua funzione protettiva ed etica. Rischieremmo di disarmare uno dei pochi strumenti europei (l’unico?) che oggi garantisce un equilibrio tra innovazione e diritti umani. Come Tom Joad, il GDPR ci chiede di “esserci” ovunque ci sia un rischio di esclusione, di abuso, di ingiustizia.
Oggi, nel fuoco incerto di un bivio regolatorio, dovremmo anche noi sederci un momento, cercare il fantasma di Tom Joad, e chiederci: che tipo di società vogliamo costruire con i nostri straripanti petabyte di dati?
Post-Scriptum, puramente umano
Se vi siete chiesti “questo pezzo è stato scritto dall’intelligenza artificiale?” la risposta è NO. Se vi siete chiesti “questo pezzo è stato scritto con l’ausilio dell’intelligenza artificiale?” la risposta è SI. Ci sono voluti tre giorni di interazioni e iterazioni con AI per giungere a questa forma finale. Abbiamo dovuto confrontarci, discutere (il sottoscritto ha avuto la necessità di prendersi del tempo per riflettere in solitudine tra un’iterazione e la successiva). Lei subito non capiva alcune mie ardite iperboli; io subito non apprezzavo qualche suo riferimento troppo scontato. Alla fine, complice anche la sua a volte eccessiva accondiscendenza, siamo giunti a una sintesi per me soddisfacente. Ripeteremo l’esperimento? Credo di sì, sono molto curioso di vedere i suoi tentativi di rinsavirmi (a volte mi ricorda mia madre) relativamente ai miei vaneggiamenti sui Pink Floyd, De André, Radiohead, Bowie, etc…
Stay tuned — e ditemi la vostra nei commenti!