Una guida ironico-legale tra stadi americani, regolamenti europei e drammi da balconata VIP.
Succede che sei al concerto dei Coldplay. Atmosfera magica, luci soffuse, “Fix You” nell’aria, pubblico emozionato. Tutto perfetto. Finché non arriva lei: la Kiss Cam. Quella tenera invenzione pensata per inquadrare coppie affiatate che si scambiano un bacio sul maxischermo, accompagnate dal boato del pubblico.
Solo che stavolta, la telecamera immortala qualcosa di più… aziendale.
Inquadrati in primo piano: un CEO noto e la sua HR manager. Entrambi presumibilmente sposati con altri. Entrambi visibilmente sorpresi. Entrambi adesso famosi.
Il pubblico si lascia andare a un’ovazione imbarazzata, i social impazziscono, e persino Chris Martin si prende una pausa dalla scaletta per dire:
“Either they’re having an affair, or they’re just very shy.”
Nel giro di poche ore il video diventa virale. Si scoprono nomi, ruoli, profili LinkedIn che iniziano a sparire, CV aggiornati, relazioni forse terminate.
Ma lasciamo da parte il gossip, perché la vera domanda è un’altra:
È legale tutto questo?
God Bless America
Negli Stati Uniti, il principio è semplice: se partecipi a un evento pubblico, rinunci implicitamente a una fetta della tua privacy. È scritto nei Termini e Condizioni che accetti acquistando il biglietto. Nessuno li legge, ovviamente, ma sono lì. E funzionano.
A livello legale, non esiste una legge federale organica sulla protezione dei dati personali, ma esiste una solida tradizione giuridica che riduce drasticamente l’aspettativa di privacy in luoghi pubblici. Come ricordato nel caso Katz v. United States (1967), la privacy è tutelata solo dove esiste una “ragionevole aspettativa”. In uno stadio da 60.000 persone con telecamere, schermi giganti e dirette social… l’aspettativa è pari a zero.
E poi c’è il Primo Emendamento, che protegge la libertà d’espressione – anche quella che ti inquadra mentre ti scansi dalla telecamera cercando di sembrare casuale.
Tradotto: se sei finito sulla kiss cam mentre ti rovinavi il matrimonio e la reputazione aziendale, legalmente è colpa tua. Moralmente? Lo lasciamo ai commenti sotto il video su TikTok.
E in Europa? Il GDPR non è poi così scandalizzato
Dall’altra parte dell’oceano, il GDPR regna sovrano. E per quanto sia spesso dipinto come un mostro burocratico pronto a multare anche i selfie di gruppo, in realtà è un regolamento serio, maturo, e – per certi versi – persino ragionevole. Praticamente un papà severo ma giusto.
In Europa, riprendere persone in spazi pubblici è permesso, a condizione che ci sia una base giuridica valida, che può essere l’interesse legittimo del titolare (es. per motivi di sicurezza o intrattenimento), oppure il consenso, anche implicito, se l’interessato partecipa volontariamente all’evento.
Inoltre, la minimizzazione del dato impone che si raccolga solo lo stretto necessario. E sì, un’inquadratura fugace di una coppia (anche potenzialmente colpevole di flirt interaziendale) può rientrare nei limiti.
Infine, un tradimento – per quanto imbarazzante – non è qualificabile come “dato particolare” ai sensi dell’art. 9 GDPR. Non rientra nella salute, nell’orientamento politico o religioso, né in altre categorie sensibili. Per ora, l’imbarazzo non è considerato un dato biometrico.
Quindi, se la scena si fosse svolta a Berlino o a Parigi, sarebbe stata probabilmente legale. Purché non venga usata per pubblicizzare la nuova app di incontri del CEO.
La privacy (vera) inizia dove finisce la legge
La parte più interessante, però, va oltre il giuridico. Perché la privacy non è solo un fatto di norme: è anche relazione, percezione, reputazione, fiducia.
E in questa storia, nessuna legge è stata infranta… ma molte vite sono state, se non rovinate, almeno pesantemente scosse.
La kiss cam non ha violato il GDPR, ma ha generato un rischio reputazionale acuto, immediato, incontrollabile, amplificato dalla viralità dei social.
In altri tempi, bastava abbassarsi il cappello e cambiare posto. Oggi, servono PR, legali, comunicazioni interne, e forse un nuovo DPO.
Le vere domande giuridico-esistenziali
Se una kiss cam ti mostra col/la collega in pose compromettenti, chi è il responsabile del trattamento?
– Il cameraman? Il karma?
Il GDPR ti tutela, ma… può anche salvarti dal tuo comportamento?
– Spoiler: no.
È possibile fare una DPIA (Valutazione d’Impatto sulla Privacy) prima di sedersi accanto alla persona sbagliata?
– In teoria no, ma forse dovrebbe.
Le 5 lezioni GRC dal caso Kiss Cam (riassunto per chi è già in crisi)
Questa non è solo una storia da tabloid. È un case study perfetto per chi si occupa di compliance, rischio e governance aziendale.
Ecco cosa possiamo imparare, senza bisogno di ulteriori scandali:
- Il rischio reputazionale è trattamento dati a tutti gli effetti.
Se può danneggiare qualcuno, va considerato. - Le attività “innocue” sono spesso le più pericolose.
L’intrattenimento è una macchina che può girarsi contro. - La governance delle relazioni è anche un tema di compliance.
La trasparenza vale anche per chi si siede nella fila VIP. - Il rischio non è se succede, ma quando e quanto sei preparato.
Se lo scopri su TikTok, sei in ritardo di 24 ore e 2.400 commenti. - Il DPO non è un freno. È il tuo airbag.
Senza, l’incidente fa più male. E costa molto di più.
Bonus tip: Se stai pensando “da noi non succederebbe mai”… è esattamente quello che pensava lui.
La privacy è seria, anche quando fa ridere
Sì, ci abbiamo scherzato sopra. Ma la lezione è reale.
Viviamo in un mondo in cui il confine tra pubblico e privato è sempre più sottile, e in cui la protezione dei dati non è più solo una questione tecnica o normativa, ma una vera strategia di gestione del rischio.
Chi si occupa di GRC lo sa: serve visione, prevenzione, sistemi integrati, cultura aziendale.
E sì, a volte serve anche un po’ di fortuna.
Ma soprattutto serve non finire sulla Kiss Cam accanto alla persona sbagliata.