Di Emanuela Gotta, Digital Generalist | Marketing & Communication Manager | Privacy Manager | UX-oriented Project Manager | Formazione, contenuti e presales per il settore tech & GRC presso Compet-e.
“Is this the real life? Is this just fantasy?”
Il dubbio. La confusione. Quando vedi qualcosa di profondamente sbagliato in azienda (un abuso, un illecito, un comportamento tossico) la prima reazione non è rabbia. È incredulità.
Sei lì, ti chiedi: “È davvero successo?” oppure “Me lo sto immaginando?”
Eppure, non è fantasia. È realtà.
La voce spezzata della coscienza
“Bohemian Rhapsody” è un’opera rock complessa, fatta di dubbi, confessioni, rivoluzioni interiori. È un urlo di verità che si scontra con il peso della responsabilità e della paura.
Nella sua teatralità, si nasconde la voce di chi ha fatto qualcosa di difficile: dire la verità. Anche quando nessuno voleva ascoltarla.
Nel mondo aziendale, questa voce è quella del whistleblower. Colui che, pur sapendo di mettere a rischio la propria carriera o serenità, sceglie di segnalare comportamenti illeciti o non etici. È una figura spesso romantica, ma anche tragica: portatrice di verità scomode, che troppo spesso viene ignorata o, peggio, perseguitata
“Mama, just killed a man, put a gun against his head…”
Il protagonista della canzone non ha davvero ucciso, ma confessa. E nella sua confessione, c’è tutta la tensione etica di chi ha visto qualcosa e non può più tacere.
La normativa che protegge (davvero?) chi parla
In Italia, la svolta normativa per il whistleblowing è arrivata con il D.Lgs. 24/2023, che ha recepito la Direttiva UE 2019/1937. Questa nuova normativa introduce un sistema molto più strutturato per la segnalazione delle irregolarità e impone obblighi chiari per aziende ed enti pubblici, tra cui:
- Canali interni sicuri e accessibili per ricevere le segnalazioni;
- Divieto assoluto di ritorsioni nei confronti del segnalante;
- Anonimato e confidenzialità garantiti;
- Sanzioni per chi ostacola o punisce le segnalazioni.
Le organizzazioni con più di 50 dipendenti (o soggette al D.Lgs. 231/2001) sono obbligate a predisporre un canale interno e a designare un soggetto imparziale per gestirlo. È una rivoluzione silenziosa, che restituisce dignità e potere alla verità. Non è più una scelta. È un dovere.
“If I’m not back again this time tomorrow, carry on…”
La paura dell’isolamento e delle conseguenze è reale. La normativa vuole spezzare questa paura, trasformandola in protezione.
La verità come strategia
L’attuazione di sistemi efficaci di whistleblowing non è solo una questione di legge. È una scelta etica e culturale.
“So you think you can stop me and spit in my eye
So you think you can love me and leave me to die?”
Troppe volte, chi segnala viene lasciato solo, ignorato, dimenticato, sacrificato.
Un’azienda che ascolta e protegge i propri whistleblower è un’azienda che previene, che impara da sé, che costruisce la propria reputazione su basi solide.
Nella pratica, significa:
- Investire nella formazione del personale sui canali disponibili;
- Designare figure competenti e imparziali alla gestione delle segnalazioni;
- Monitorare e documentare il processo con trasparenza e riservatezza;
- Coltivare una cultura aziendale che premia l’integrità, non il silenzio, fondata sull’etica e sull’ascolto.
L’azienda che valorizza la voce interna del dissenso non è più un sistema chiuso, ma un organismo vivo, capace di autocorreggersi.
Un sistema efficace di segnalazioni interne previene i rischi reputazionali, legali e operativi. Non si tratta solo di adempiere a un obbligo normativo, ma di trasformare il rischio in opportunità di crescita. È qui che il whistleblowing diventa uno strumento strategico di governance.
Ogni voce conta
“Nothing really matters to me…” canta Freddie Mercury con un dolore disarmante. Ma nella realtà aziendale, qualcosa importa eccome: importa la dignità di chi segnala, importa la reazione dell’organizzazione, importa costruire ambienti in cui si possa parlare senza paura.
La voce della verità, anche se sola, può cambiare le regole del gioco.
E come ogni grande opera rock, anche la compliance ha bisogno di coraggio, passione e… una nota fuori dal coro.
“Nothing really matters to me…”
Questa rassegnazione finale è ciò che accade in un contesto dove chi segnala viene ignorato. Un’azienda saggia sa che ogni voce conta.
Parlare è un atto d’amore
Il whistleblower non è un traditore. È spesso il primo a voler salvare l’organizzazione da sé stessa. È una figura da ascoltare, non da isolare.
Non c’è libertà senza responsabilità, e non c’è responsabilità senza possibilità di essere ascoltati.
La verità ha bisogno di una voce. Anche se stonata. Anche se sola. Perché ogni grande cambiamento inizia così.
“Anyway the wind blows…”